martedì 20 ottobre 2009

Pubblicità e web, il rapporto decolla

Una conferma più che una sorpresa. Le persone in tempo di crisi cercano rifugio nel web; sia a scopo di intrattenimento low cost quando bar, cinema e concerti diventano un’opzione troppo costosa, sia come mezzo di ricerca per agognate promozioni o per confrontare prezzi prima di effettuare un acquisto.
E le aziende hanno seguito questi acquirenti potenziali sul web e sono lì ad aspettarli.Tanto da rendere possibile il sorpasso (da tempo pronosticato ma forse in anticipo rispetto alle previsioni) e scegliere Internet al posto della tv come mezzo privilegiato dove “piazzare” i propri investimenti pubblicitari.
È successo nel Regno Unito, avanguardia internettiana del vecchio continente, con il 79,8% di utenti (dati Internet World Stats link marzo 2009).
Con un +4,6%, nel primo semestre del 2009 la pubblicità online è stato l’unico segmento in crescita (mentre l’intero settore ha lasciato sul campo il 16,6%) con investimenti pari a 1,752 miliardi di sterline (dati Iab, Internet Advertising Bureau) e una quota del 23,5% del mercato pubblicitario globale del Regno Unito, mentre la televisione arretra al 21,9%. Fortemente penalizzata dal ridimensionamento dei budget per la comunicazione.
A farla da padrone è stata la paid search, cresciuta dell’11,8% rispetto all’anno precedente e che raccoglie il 62,8% dell’intera pubblicità online. I settori che hanno investito maggiormente sono il tecnologico (19,1% del mercato), le telecomunicazioni (13,3% in forte aumento rispetto al 2008) e finanza (13,2%) seguite da intrattenimento e media e dai beni di consumo, passati in un anno dal 6,2 all’8,1%.
Gli uomini del marketing hanno dunque preferito agli altri media un mezzo più economico come il web che è anche ritenuto più misurabile. Ed evoluto: internet grazie anche alla flessibilità del formato video, (cresciuto del 195% nell’ultimo anno) è spesso usato come palestra per sperimentare campagne innovative.
E la rete si popola di decaloghiAnche i social network stanno attirando l’attenzione (e gli investimenti) delle aziende. Tanto che si prevede che solo negli Usa entro il 2010 investiranno 1,5 miliardi di dollari per pubblicizzarsi su Facebook, Twitter e compagni.
Conseguenza inevitabile di questo andamento è la serie di decaloghi che hanno iniziato a fiorire sul web, una vero diluvio, da “come costruirsi credibilità su internet” (con tanto di “piramide della credibilità”) ai “17 modi per usare Twitter”, fino ai “10 errori più comuni commessi da chi investe nei social network”.
Le moderne tavole della legge esortano quindi le aziende ad avere un obiettivo e misurarlo (cosa più facile da scrivere che da fare, si direbbe), a non contare più di una volta come “follower” chi usa social network diversi (sono in molti), a non pensare che ogni iscritto veda e legga il vostro messaggio sono in virtù della sua iscrizione, e così via.
Soprattutto fare molta attenzione a come il proprio marchio o prodotto è trattato su internet: a differenza della pubblicità tradizionale la rete non è un mezzo a senso unico. La sola preoccupazione che il messaggio raggiunga il consumatore non basta più.
Perché nei social network il consumatore risponde, modifica e giudica il messaggio, con conseguenze che possono essere positive ma anche negative.
Effetto boomerang che riguarda anche la tecnologia di un sito, che (questo non lo scrive nessuno perché è dato per scontato) deve essere veloce e aggiornato.
Meno noto forse è il dato che stabilisce in 3 secondi il tempo limite per l’apertura di una pagina web oltre il quale il 40% degli utenti di e-commerce cambia indirizzo (erano 4 secondi nel 2006) a testimonianza della sempre più ampia diffusione non solo di internet, ma delle connessioni veloci (e dell’insofferenza verso intoppi e malfunzionamenti) (da una ricerca Forrester Consulting).
Insomma, siamo sempre più connessi e oltre a essere bersagliati sentiamo ormai come una necessità il farci bersagliare sempre più velocemente da informazioni e immagini.
I multi-tasker cavia da laboratorio perfettaSono giovani (sotto i 35 anni), ma anche anziani tecnologicamente avanzati (i cosiddetti Silver Surfers) i media mukti-tasker, ovvero coloro che seguono più di un media (internet e tv in particolare) contemporaneamente.
È un segmento appetibile perché particolarmente avanzato. Secondo l’Eiaa (European Interactive Advertising Association) sono quasi un europeo su 4 (il 22%) e sono destinati a crescere.
Condividono alcune caratteristiche peculiari: sono più inclini degli altri a cambiare marca, a comunicare tramite i social network e a visitare i siti delle aziende; un terzo utilizza il telefonino per inviare e-mail o instant messaging.
Per loro insomma il vecchio passa parola passa ormai più dal web che dalle chiacchiere al bar, per dire. I multi-tasker utilizzano l’e-commerce il doppio del resto della popolazione, spendendo di più: sono insomma utenti tecnologicamente avanzati, destinati a crescere insieme alla tecnologia che porta internet sempre più in ogni luogo, seguendo l’utente nei suoi spostamenti (wi-fi, smart phone) e quindi forse prefigurano già oggi quello che sarà il mondo (e soprattutto, le attitudini e i comportamenti d’acquisto) di domani.

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